EDITORIALE
Enrico Sassoon
Giugno 2025
Sapete come si dice, “puoi prendere in giro qualcuno qualche volta, non tutti tutte le volte”. Saggezza popolare, ma vera. Applicata al tema della leadership, può essere virata in positivo: se vuoi essere un buon leader, sii un leader autentico. Quando si collabora con altre persone in un’organizzazione, grande o piccola che sia, è facile cadere nella tentazione dell’uso autoritario della propria posizione, imponendo le proprie idee e mettendo a tacere quelle altrui. Ma è un rischio grave che ha, di norma, pessime conseguenze.
In questo numero di Harvard Business Review Italia il tema della buona leadership contemporanea, e futura, è toccato in modi diversi. Amy C. Edmondson e Michaela J. Kerrissey ne parlano in relazione all’ambiente di lavoro, sottolineando l’importanza di creare un clima di sicurezza psicologica in cui i dipendenti si sentano a proprio agio, sicuri e apprezzati. Le evidenze empiriche del fatto che la sicurezza psicologica migliora la performance sono ampie e indiscutibili. Ma, rilevano, se ne è cresciuta la popolarità, sono cresciute anche le idee sbagliate in proposito, e l’articolo propone alcune soluzioni per evitare errori tanto comuni quanto costosi.
Jeffrey Yip e Colin M. Fisher affrontano lo stesso tema con un’altra importante angolazione: quella della capacità di ascolto. Per un leader, essere capace di ascoltare è una dote fondamentale. Magari qualcuno ci nasce, ma di solito è una propensione che va educata. Anche questa fa parte della serie del “leader autentico” ma anche di quella del “leader efficace”. Saper ascoltare i collaboratori senza sovrapporre per carattere e per abitudine le proprie idee e le proprie soluzioni è un principio di necessità. Il contesto dove le imprese e le persone operano è sempre più incerto e complesso e solo un approccio basato sul team e non sull’individuo può risultare corrispondente alle esigenze. Per converso, la carenza di ascolto può portare a valutare scorrettamente i problemi e le situazioni, portando a soluzioni sbagliate e, ancora una volta, alquanto costose.
Il tema della leadership è oggi al centro dell’attenzione. Ci sono oggi, in giro per il mondo, molti, troppi leader che si ritengono infallibili e invincibili, non si fidano dei propri team di collaboratori, prendono grandi decisioni basandosi più sul proprio istinto che su informazioni reali e finiscono col generare situazioni difficili. Anche qui interviene un detto assai popolare: “grandi uomini commettono grandi errori”. Naturalmente, osserviamo questa sindrome sia in campo politico che in quello della direzione d’impresa, e non occorre fare troppi nomi.
Esiste, però, anche una corrente di pensiero del tutto diversa, quella che mette al centro l’attenzione del leader verso i propri collaboratori ed esalta le doti di autenticità, ascolto e inclusione. Si tratta di una corrente sempre più forte e consapevole, e a buon motivo. Come si è detto, è sempre più chiaro che, di fronte alla complessità, la figura del leader solitario ed eroico (ma, spesso, anche autoritario e tossico) costituisce un pericoloso anacronismo, mentre quella del leader ispirativo e inclusivo, ben descritta nell’articolo di Gian Maria Mossa, si impone come inevitabile soluzione.
Su questo tema abbiamo appena pubblicato un libro che riporta forti opinioni sulla leadership di un gruppo importante di “numeri uno”, ben 27 leader di imprese di ogni dimensione, sia private che pubbliche. Il libro si intitola Una certa idea di leadership ed è disponibile ai lettori di Harvard Business Review Italia. Quale la tesi del libro? Quella appena espressa: in ogni epoca i contenuti e le skill che connotano un buon leader sono diversi e, nell’era di grandi sfide e grande disordine che viviamo, occorrono leader autentici, aperti, collaborativi, inclusivi e ispirativi, capaci di ascoltare i collaboratori, creare e gestire team efficaci e condurre l’organizzazione verso gli obiettivi con un forte senso di responsabilità e di scopo.
Conclusione: il leader autoritario è morto. Viva il leader autentico!