LEADERSHIP
Giuseppe Conte, Salvatore Santangelo
Gennaio 2024
Nel 1954 – esattamente 70 anni fa – la Allen & Unwin dava alle stampe il primo volume di un’opera destinata a diventare una delle saghe di maggior impatto della letteratura fantasy: La Compagnia dell’Anello di J.R.R. Tolkien. Il razionamento post-bellico e le ristrettezze dell’economia inglese avevano imposto la suddivisione dell’opera in tre volumi. In breve, il libro, circolando anche in edizioni pirata come quella della Ace Books (cosa di cui il professore di Oxford non mancava di lamentarsi nel suo corposo epistolario), sarebbe diventato un cult della “controcultura”, incrociando il nascente movimento hippy che aveva portato a maturazione il tema della contestazione della cultura materialista, già principale filtro di lettura della contemporaneità dei Salinger, Kerouac e Ginsberg un decennio prima.
La relazione tra la cultura hippy e l’opera di Tolkien è argomento interessante e complesso, considerando che la visione del mondo e i valori del maestro del fantasy contemporaneo sembrano apparentemente in contrasto con quelli dei Figli dei fiori. Tolkien era un professore di letteratura e un cattolico devoto. La sua opera più famosa, Il Signore degli Anelli appunto, è stata scritta come un’epica mitologica e ha radici nella letteratura e nella mitologia europea. Tolkien era interessato a creare un mondo immaginario completo con una storia, una lingua e una mitologia coerenti.
D’altra parte, la cultura hippy degli anni ‘60 e ‘70 era caratterizzata da un atteggiamento di ribellione contro l’autorità, interesse per la spiritualità orientale, uso di droghe psichedeliche e adesione a ideali di pace, amore e libertà. Molti hippy trovavano ispirazione nella natura e nella spiritualità, cercando di creare una società alternativa basata su valori diversi da quelli della cultura dominante: proprio per questo trovarono affascinante Tolkien, la sua natura controculturale e i temi di ribellione, avventura e connessione con il Creato. Alcuni hippy adottarono anche simboli e immagini tratti dal mondo di Tolkien, come l’uso dell’anello quale simbolo del potere e della corruzione. Anche il concetto di comunità e di unione tra uomini liberi, centrale nel romanzo di Tolkien, potrebbe essere entrato in sintonia con l’ideale hippy di unità e fratellanza tra le persone.
Evoluzione dei valori
Di fronte alla sfida del cambiamento climatico e al suo corollario di eco-ansia, all’esigenza di trovare un nuovo equilibrio nel rapporto tra i generi e, contemporaneamente, tra vita personale e lavorativa, i responsabili delle organizzazioni sentono in qualche modo risuonare quelle stesse istanze nelle aspirazioni della cosiddetta Generazione Z che appare tra l’altro non motivabile attraverso le classiche leve dello status e dei conseguimenti materiali: elementi che ritroviamo nel fenomeno delle grandi dimissioni che ha accompagnato la fase di ripresa post pandemica e che, seppur ridimensionato, rimane sullo sfondo come complessivo rifiuto del nostro modello socio-economico.
Circa venti anni dopo l’uscita de Il Signore degli Anelli – proprio a cavallo tra il 1973 e il 1974 – George Lucas (dopo aver rotto, durante le riprese di Apocalypse Now, il proprio sodalizio artistico-professionale con Francis Ford Coppola) cominciava a scrivere una prima storia che poggiava sulle avventure di Flash Gordon, cambiando i nomi dei personaggi e creando un universo incentrato su un’infinita battaglia tra buoni e cattivi, tra bene e male. All’inizio esisteva a malapena la parola Jedi e non c’era ancora la Forza, ma soltanto un punto di vista unitario in grado di sostenere l’architettura dell’universo: i Whill.
Di lì a poco avrebbe preso forma un affresco dal sapore ancestrale, un contenitore di archetipi e visioni con una propria coerenza e in breve tempo la storia avrebbe trovato il modo di essere raccontata a un pubblico pronto a recepirla. Sempre più persone, infatti, cercavano e trovavano significati intimi e personali in mondi lontani o alternativi, e non a caso nasceva – sempre nel 1974 – anche il primo gioco di ruolo, Dungeons & Dragons: fantasy e fantascienza si preparavano a decollare, con una deflagrazione in grado di generare un’onda d’urto mediatica, culturale e anche politica di cui si avvertono ancora gli effetti. Il Signore degli Anelli e Star Wars sono l’epicentro di tutto questo: la paura e la lotta contro il totalitarismo e il suo corollario del controllo, una chiara estetica, la fascinazione di miti senza tempo, armi magiche e spade laser.
Un altro elemento che unisce questi approcci narrativi è il legame familiare e comunitario: le genealogie che permettono a pochi individui legati dal destino di ritrovarsi all’interno di un conflitto enorme, micro e macrocosmo che si intrecciano in modo indissolubile. Concentriamoci sulla saga di Star Wars e su come può condurci a riflettere sui temi più vari: dal diritto alla religione, dall’economia ai social media, fino ai modelli organizzativi e alla leadership. Di questi argomenti si è occupato l’ex advisor di Obama, Cass Sunstein (già a capo dell’Office of Information and Regulatory Affairs e docente presso la Harvard Law School) nel suo volume Il Mondo secondo Star Wars (Università Bocconi Editore).
Il conflitto tra democrazia e autoritarismo
Per Sunstein, il gioco di citazioni presente nell’universo di Lucas è un evidente richiamo alla lotta dei ribelli contro il dispotismo, lotta che rischia sempre di scivolare nella radicalizzazione individuale (altra faccia dell’incapacità dei governi di districarsi nelle sfide globali), nella conseguente fascinazione dell’uomo forte e nella crisi delle istituzioni democratiche. Proprio Lucas ha raccontato come il primo film, Una nuova speranza, abbia preso forma nel periodo in cui Nixon puntava a ottenere un terzo mandato o a far cambiare la Costituzione per potersi candidare una terza volta: “questo mi portò a riflettere sul modo in cui le democrazie si trasformano in dittature: non a come vengano rovesciate da colpi di Stato o cose del genere, ma a come la democrazia stessa si trasformi in tirannia”.
In un mondo caotico, il governo centrale della Repubblica si ritrova impossibilitato a riportare l’ordine e la stabilità nella Galassia. I prequel della trilogia classica (al di là del loro effettivo valore cinematografico) ci offrono uno spaccato di come le democrazie diventino qualcosa di diverso, attraverso la concentrazione del potere. Nell’Attacco dei Cloni, il potere legislativo è incapace di dare risposte immediate alla crisi commerciale e militare dei separatisti.
Palpatine, il futuro imperatore, riesce a cumulare cariche e potere sullo sfondo dello stallo politico dell’Assemblea legislativa: “Solo con grande riluttanza accetto questa carica. Io amo la democrazia, i poteri che mi conferite saranno da me rimessi al risolversi di questa crisi”. La brutale e violenta nascita dell’Impero conta poco per il cittadino comune: continua a pagare le tasse, ma la criminalità è stata sbaragliata e l’economia stabilizzata. Gli “eroi” dell’Impero – Darth Vader e Tarkin – sono ossessionati proprio dalla stabilità e dall’ordine; una stabilità messa in discussione da ribelli intrisi di fatalismo impegnati in una lotta per instaurare un nuovo regno di libertà.
Quindi, utilizzando Star Wars come lente attraverso cui esaminare la società e la cultura, Sunstein offre una prospettiva unica su come la saga abbia influenzato e riflettuto il mondo reale, ma non riesce a offrire una prospettiva per uscire dal cortocircuito, anche perché, come sappiamo, è noto soprattutto per il suo lavoro sul cosiddetto “Effetto Nudge” e sulla teoria del “paternalismo libertario”, il cui approccio micro-gestionale appare assolutamente inadeguato per affrontare la portata delle sfide che i leader contemporanei sono chiamati a gestire.
Sette lezioni manageriali
Allora possiamo provare a tornare da dove siamo partiti, dal desiderio del professore di Oxford di dare una voce contemporanea a miti senza tempo, anche perché, come ebbe a dire Joseph Campbell (il cui Viaggio dell’Eroe, assieme alla saga di Dune di Frank Herbert, è stato tra le principali fonti di ispirazione di Lucas): “Cos’è un mito se non il sogno di una collettività”? Quindi, dalla saga di Star Wars e da Il Signore degli Anelli, leader e manager possono trarre diverse lezioni.
1. Scelta e coraggio: entrambe le saghe mettono in evidenza l’importanza di fare scelte coraggiose e di assumersi la responsabilità delle proprie azioni. I leader devono essere pronti a prendere decisioni difficili e a fronteggiarne le conseguenze.
2. Visione e scopo: i personaggi principali di entrambe le saghe hanno una chiara visione del loro scopo e lavorano per raggiungerlo nonostante le difficoltà. I manager devono avere una visione chiara e comunicarla efficacemente al proprio team per ispirarlo e motivarlo.
3. Collaborazione e diversità: entrambe le storie mettono in evidenza l’importanza della collaborazione e dell’accettazione della diversità. I leader devono essere in grado di creare un ambiente inclusivo in cui le diverse competenze e prospettive vengano valorizzate e integrate per raggiungere obiettivi comuni.
4. Leadership autentica: i personaggi di entrambi gli universi narrativi dimostrano autenticità e integrità nel loro modo di agire. I leader devono essere coerenti con i propri valori e agire in modo etico, guadagnando così la fiducia e il rispetto del proprio team.
5. Adattabilità e apprendimento continuo: sia Star Wars che Il Signore degli Anelli presentano situazioni in cui i personaggi devono adattarsi a nuove circostanze e imparare nuove abilità. La leadership deve essere flessibile e aperta al cambiamento per imparare e adattarsi alle nuove sfide.
6. Motivazione e ispirazione: entrambe le saghe mostrano l’importanza di motivare e ispirare gli altri. Occorre uno stile di comunicazione efficace, in grado di incoraggiare il team e creare un ambiente in cui le persone si sentano motivate a dare il massimo.
7. Gestione del potere: Tolkien e Lucas affrontano il tema del potere e dei suoi effetti potenzialmente corruttivi.
Perché, in fondo, come ha scritto lo stesso Tolkien: “Tutto ciò che dobbiamo decidere è cosa fare col tempo che ci viene dato”.
Giuseppe Conte è Direttore Centrale Risorse Umane INPS. Salvatore Santangelo è Dirigente Area Comunicazione Omnicanale e Content Management INPS.