LEADERSHIP
Raffaele Alberto Ventura
Febbraio 2023
Di fronte all’incertezza che ci circonda, il riflesso più naturale è tentare di incrementare la nostra conoscenza. Lo fanno gli individui, le istituzioni e anche le organizzazioni, che sono di fatto dei sistemi per acquisire ed elaborare l’informazione. Ma siamo davvero sicuri che per contrastare l’incertezza e produrre le migliori decisioni sia opportuno seguire questa strada? In verità, in molti casi meglio di un aumento della conoscenza potrebbe essere utile… un sovrano atto d’ignoranza. A questo si riduce, in fondo, la funzione della leadership in un mondo complesso e caotico.
Prendiamo la pandemia del 2020. Si è davvero trattato di un “cigno nero”, un evento imprevisto, come si è ripetuto a lungo? Assolutamente no. Prima del Covid-19, molti libri e rapporti menzionavano già il rischio di una pandemia. Ma queste informazioni erano sommerse in un lungo elenco di rischi da tenere in considerazione: dal terrorismo alle tempeste elettromagnetiche.
La pandemia non è stata un cigno nero ma, come ha scritto Adam Tooze, un rinoceronte grigio: un evento visibile in lontananza, grosso e minaccioso. Se non siamo stati in grado di anticipare quella crisi, non è stato perché mancavano le informazioni, ma piuttosto perché sapevamo troppo. Il problema è che di rinoceronte grigio non ce n’è uno solo, ma (potenzialmente) una mandria impazzita di fronte a cui è urgente e necessario decidere. Rischi di ogni genere e tipo, contrapposti ad altrettante opportunità.
Il rendimento decrescente dell’organizzazione
L’organizzazione è un sistema che trasforma l’esperienza caotica del mondo in azione su di esso: l’informazione in progettazione. Tuttavia, accumulare dati non è sufficiente perché siano effettivamente utili. La conoscenza deve essere organizzata, altrimenti diventa ingombrante, impedisce l'azione e può produrre stupidità.
Viviamo nell'illusione che l'accumulo di conoscenza riduca l'incertezza e quindi produca un beneficio. Ma la raccolta di informazioni sembra soffrire della legge dei rendimenti decrescenti, proprio come in altri settori: il valore fornito da un maggior numero di informazioni all’inizio rende molto, ma presto raggiunge un picco, e si stabilizza su un “plateau”. A fronte di questo, però, il costo di acquisizione, di stoccaggio, di filtraggio e gestione di ogni unità di conoscenza supplementare resta stabile.
L'accumulo di informazioni produce anche effetti indesiderati. La sovrabbondanza di conoscenza induce un’illusione di controllo che porta a esporsi (Pasquale Cirillo ha parlato di fence paradox, ovvero il paradosso della barriera), nonché fenomeni di centralizzazione che amplificano gli effetti delle cattive decisioni. Insomma, ridurre un rischio comporta la produzione di rischi secondari. Per questo possiamo parlare di rischi del risk management.
Tutto ciò si manifesta sotto forma di limiti alla crescita dell’organizzazione. Oltre ai classici fattori individuati da Edith Penrose, possiamo citare il sovraccarico informativo, i costi di transazione, le diseconomie di scala, la demotivazione, i conflitti e le decisioni assurde.
Esperti e decisori
Dirigere un’organizzazione consiste nel tentare di tenere sotto controllo l’incertezza del mondo, ma soprattutto tenere sotto controllo l’incertezza all’interno dell’organizzazione. La sfida consiste nell'imparare a conoscere le dinamiche dell'organizzazione e i suoi paradossi, per evitare di creare rischi maggiori di quelli da cui stiamo cercando di proteggerci.
È proprio il sovraccarico di informazioni ad aumentare l’incertezza interna, man mano che l’organizzazione si espande e moltiplica i punti di raccolta delle informazioni. Quando un'azienda supera una certa dimensione, infatti, è comune vedere alcuni sottogruppi privilegiare i propri obiettivi particolari o persino individuali rispetto a quelli del gruppo. Questo produce incoerenza tra gli obiettivi e può portare a decisioni assurde. Inoltre, ogni nuovo livello dell'organizzazione comporta costi di transazione esponenziali. Insomma, quando un'organizzazione cresce, l'incertezza che crea può finire per scavalcare l'incertezza che cerca di ridurre.
Nell’organizzazione, la figura del leader si contrappone a quella dell'ingegnere. L'esperto offre una conoscenza tecnico-scientifica, mentre il leader ha solo una cultura generale. L'esperto offre una riduzione dell'incertezza, mentre il leader apporta una capacità di governo nel caos. L'esperto prevede i rischi, il leader se ne prende la responsabilità. L’esperto adotta una logica di precauzione, il leader una logica di opportunità.
Insomma, l’esperto porta affidabilità e conoscenze tecniche per ridurre l’incertezza esterna con le procedure, basandosi sul passato; mentre il leader porta innovazione e visione, riducendo l’incertezza esterna e incarnando dei valori e proiettandosi nel futuro. Le loro competenze sono complementari, ma la loro legittimità è diversa: in situazioni normali, procedurali, l'esperto ha l'ultima parola facendo leva sulla sua reputazione; in caso di evento imprevisto, di scenario difficile da interpretare, è il leader a decidere, facendo affidamento sul suo carisma.
Quattro funzioni della leadership
In un contesto d’incertezza, in cui il ruolo dell’esperto mostra i suoi limiti, emergono le quattro funzioni fondamentali del leader: Decisione, Guida, Istituzione, Sacrificio (DISG).
1. Decisione. In un contesto d’incertezza, il fine desiderato può essere raggiunto attraverso alternative contrastanti. Perciò non esiste una decisione tecnicamente “giusta”. Come nel caso di Alessandro che taglia il nodo di Gordio, sovrano è chi decide sullo stato di eccezione (Schmitt). La teoria delle decisioni mostra il vantaggio di compiere un atto sovrano di ignoranza, scegliendo nonostante l'incertezza.
2. Guida. Il leader indica i fini e garantisce l'uso più efficace dei mezzi. Si presenta come colui capace di coordinare le forze nonostante l'incertezza che sconvolge l’organizzazione formale interna. La sua legittimità non deriva dalla conoscenza certificata, dal diritto o dalla tradizione, ma dal carisma e quindi dalla capacità di fornire una direzione comune (Max Weber), evitando costi di procrastinazione e gestione.
3. Istituzione. Ogni gruppo si basa su un immaginario che struttura una gerarchia di fini e valori. Quando questo diventa obsoleto, il leader mette in atto una “distruzione creatrice” (Joseph Schumpeter) e la fondazione di un nuovo immaginario, affidandosi alle sue capacità di motivazione.
4. Sacrificio. Il leader impegna pubblicamente la propria responsabilità, la propria reputazione: se fallisce, la sua carriera subirà un contraccolpo. In alcune civiltà, studiate dall'antropologo James George Frazer, il sacrificio del re era ritualizzato e serviva a ristabilire l'ordine sociale.
Un’epoca di eccezioni
Le nostre conoscenze scientifiche, i nostri piani di crisi, i nostri processi e i nostri strumenti di anticipazione non solo non sono sufficienti a proteggerci dall'imprevisto, ma addirittura ci ostacolano. In questo contesto, è la capacità del leader di affrontare l'incertezza che diventa l'elemento chiave della sua legittimità. Questo modello “decisionista”, che è stato spesso catastrofico quando applicato alla politica di una nazione, in virtù della scala troppo grande, è l’unico che si possa adottare nel contesto organizzativo quando l’incertezza diventa ingovernabile.
Oggi per molte organizzazioni il problema non è più la mancanza di informazioni ma l'eccesso di queste. Qualsiasi sforzo per ridurre l'incertezza (esterna) rischia di produrre nuova incertezza (interna). Gli specialisti amministrano la normalità, ma sono i leader a governare nei contesti eccezionali; e sebbene non ci si possa realisticamente privare della competenza, siamo appunto entrati in un'epoca di eccezioni.
I cambiamenti di paradigma non si decidono: accadono. Al leader spetta la responsabilità di istituire nuovi immaginari e nuovi valori, realizzando in questo modo una riduzione dell'incertezza interna. Ma solo un surplus di legittimità acquisita dal leader, attingendo anche a risorse irrazionali (carisma, ecc.), è in grado di garantire il massimo grado di impiego dei mezzi e coordinamento delle forze.
Tratto dal testo della conferenza tenuta all’Istituto della Scuola Normale di Parigi. Grazie a Riccardo Maggiolo per la rilettura.