EDITORIALE

Autonomia e crescita

Enrico Sassoon

Gennaio 2023

Autonomia e crescita

La gestione delle persone è oggi una delle priorità più urgenti in ogni azienda, se non la più urgente. Comunque la si voglia interpretare, l’ondata di dimissioni volontarie – nota come Great Resignation o Grandi Dimissioni – costituisce un chiaro invito a rivedere le modalità di inserimento delle persone nelle organizzazioni e a individuare nuovi equilibri tra fattori materiali e fattori immateriali del rapporto di lavoro. L’esigenza di questo nuovo equilibrio dovrebbe riguardare tutti i dipendenti, anche se sembra poter essere più pressante per le generazioni più giovani – millennial e generazione Z – delle quali si dice abitualmente che siano molto più attente delle altre a elementi di autonomia, scopo e socialità rispetto a quelli meramente, o prevalentemente, economici e contrattuali.

Lo Speciale di questo numero tocca molte questioni attinenti alla gestione delle persone nelle organizzazioni e in particolar modo quelle relative ai talenti. E si chiede in modo esplicito se le aziende stiamo facendo le cose giuste o se, spesso e volentieri, stiano sbagliando approccio mentale e fattuale. Mortensen ed Edmonson lo dicono apertamente: di fronte a quanto sopra descritto, molte imprese reagiscono chiedendo alle persone cosa vogliano e tentando di accontentarle. Che tentino di farlo offrendo condizioni economiche migliori o introducendo benefit sempre più consistenti, questa strategia può rivelarsi una trappola. La strada più sensata, anche se meno semplice, passa dal concepire e proporre una nuova e articolata proposta di valore ai dipendenti, composta da elementi materiali come retribuzione e flessibilità, ma anche opportunità di sviluppo e crescita; ed elementi immateriali come significato e finalità (purpose), e connessione a un ambito più ampio di comunità.

Sono questioni estremamente attuali, che aprono a loro volta ulteriori spazi di riflessione relativi, per esempio, al grado di autonomia nel lavoro che molti richiedono, allo stile di leadership che i manager devono imparare ad attuare e al tipo di formazione che occorre impartire in un ambiente dinamico in cui le competenze variano con rapidità sconcertante.

Per quanto riguarda il tema dell’autonomia, è molto significativo l’articolo di due grandi interpreti del management come McGrath e Charan. L’approccio dei due è più connesso alle potenzialità offerte dalla tecnologia per arrivare a creare una organizzazione con responsabilità maggiormente decentrate che non alla domanda, più o meno espressa, delle persone per vedersi attribuire spazi più ampi di autonomia. Ma i due filoni si incrociano nel prefigurare un’organizzazione in cui non siano i silos o i livelli a determinare le capacità decisionali, ma una trasparente circolazione delle informazioni e un uso accorto di strumenti informatici avanzati come, al primo posto, l’intelligenza artificiale. Non si tratta di arrivare a definire per ogni singola persona i margini di autonomia, bensì di riconcepire in modo più sensato ed efficace le capacità decisionali in un’organizzazione basata sul lavoro di squadra, ossia in quella che viene definita, forse in modo un po’ troppo entusiastico, l’organizzazione senza permessi.

Se si tende a inquadrare in modalità più aperte e articolate i processi e le responsabilità decisionali, di pari passo dovrà procedere la ridefinizione della pratica della leadership, così da realizzare l’obiettivo di una gestione più armonica ed efficace dell’organizzazione. Naturalmente, l’esigenza di esercitare una leadership flessibile, non autoritaria e vicina alle persone è presente già da tempo e si vede nelle organizzazioni che sono state capaci di limitare gli strati gerarchici e introdurre nuove abitudini più coinvolgenti e collaborative. Ma, nel suo breve intervento, Sadun torna ad ammonire le imprese rispetto a un rischio ancora piuttosto diffuso: quello di pensare di poter affidare le proprie sorti a una sorta di “uomo/donna della provvidenza”, il “super-eroe” capace di risolvere ogni problema e portare l’azienda al vertice del successo. È una tendenza, o credenza, ancora alquanto diffusa e che porta l’autrice a esaltare la leadership “noiosa” ma affidabile in contrasto con quella un po’ troppo brillante di molti dei protagonisti delle cronache economiche dei nostri tempi.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Hbr Italia

Caratteri rimanenti: 400