EDITORIALE
Enrico Sassoon
Dicembre 2022
Israel G. Vargas
Harvard Business Review ha da poco compiuto i 100 anni. Ne abbiamo scritto nel numero scorso, sottolineando l’intenzione di non fare inutili celebrazioni ma di cogliere, invece, l’opportunità per capire dove si posiziona oggi la più diffusa rivista di management del mondo sulla scorta di un lavoro così prolungato nel tempo e, soprattutto, dove si dovrà rivolgere l’attenzione in futuro. Giunge, a questo scopo, a puntino l’articolo di Ramdas, Sadun e Bloom nello Speciale dedicato ad analizzare il percorso compiuto nel secolo trascorso. Il lavoro è altamente meritorio, perché i tre autori si sono caricati del non semplice compito di analizzare il contenuto di quasi 15.000 articoli pubblicati. Ma soprattutto è utile.
L’analisi è stata essenzialmente realizzata in termini linguistici, ossia si è studiata la ricorrenza dei termini principali. Ma non è una banale registrazione terminologica. Attraverso questo strumento i tre hanno effettuato un esame dell’evoluzione del pensiero e della pratica manageriale così come si sono riflessi negli articoli pubblicati in HBR nel dipanarsi dei 100 anni. I risultati sono estremamente significativi e permettono, per usare un termine marinaro, di “fare il punto nave”, ossia dove siamo e dove presumibilmente si potrà andare.
Un primo punto rilevante che emerge chiaro è, come scrivono gli autori, che «HBR, e forse più in generale il dibattito sul management, ha spostato sempre più la sua attenzione verso idee pragmatiche e di immediata applicabilità all'interno delle organizzazioni». In altre parole, gli articoli sono scritti per essere utili a chi legge e non per soddisfare le spinte endogene di chi scrive. Anche quando l’autore è un celeberrimo “guru” del management, l’approccio richiesto è quello del pragmatismo ragionato, che invita a muovere innanzitutto da dati di realtà per arrivare a conclusioni generalmente valide in termini di idee o principi applicabili, e non da idee o valori a priori in cui far rientrare, più o meno a forza, le situazioni reali.
Altro punto rilevante è che l’attenzione si è gradualmente spostata nel tempo dagli aspetti tangibili della gestione, come l'allocazione delle risorse finanziarie o l'organizzazione della produzione, a quelli intangibili, come la costruzione di una strategia sostenibile o lo sviluppo di un'esperienza di valore per i clienti. Dunque, da una preponderanza iniziale dei termini relativi a finanza e amministrazione e alle operazioni, a un aumento costante e sostanziale dei temi di strategia e marketing, con una quota persistente e crescente delle questioni relative a organizzazione e risorse umane. E, più di recente, a tecnologia e innovazione.
Ramdas, Sadun e Bloom mettono bene in evidenza che sono molti i fattori che hanno contribuito a questo cambiamento: «Le organizzazioni sono diventate più grandi, più diverse e più complesse, richiedendo differenti tipi di leadership e di gestione. Sono arrivate nuove tecnologie, che hanno cambiato il modo e il luogo in cui il lavoro può essere svolto. Il ruolo dei manager è cambiato radicalmente e sono sorte nuove domande, come il modo migliore per adattarsi alla complessità organizzativa, alla globalizzazione, alla diversificazione della forza lavoro e all'avvento del lavoro a distanza». All’aumento della complessità delle organizzazioni corrisponde, dunque, un marcato aumento della complessità della figura del manager e delle caratteristiche del leader, come ben spiegano in un altro articolo dello Speciale anche Linda Hill e colleghi.
Altro punto da sottolineare è dunque quello relativo al cambiamento della leadership e della relazione con le persone che operano nell’organizzazione. Su questi temi negli ultimi anni, e tuttora, si sono concentrati un gran numero di contributi, il che non sorprende perché corrisponde fedelmente al cambiamento in atto nella società il fatto che al centro dell’attenzione si pongano, appunto, le persone. Il tumultuoso cambiamento dello scenario esterno si compone con la rivoluzione tecnologica centrata su digitalizzazione onnicomprensiva e crescente ricorso all’intelligenza artificiale per esaltare l’esigenza di porre le persone al centro in termini non formali, ma sostanziali ed efficaci.
È con ogni probabilità questa la tendenza principale che osserveremo e su cui lavoreremo anche in futuro e che rappresenta la sfida da vincere per ogni organizzazione. Ed è bene non farsi illusioni: sarà certamente una sfida complessa.