INNOVAZIONE
Cosimo Accoto
Maggio 2023
Benvenuti nell’era dell’iperautomazione. L’automazione è oggi al centro di un’evoluzione profonda e pervasiva delle interazioni sociali e delle dinamiche economiche planetarie. Mira a conquistare e consolidare questa dominanza incarnandosi in forme sempre più fondative e sorprendenti dentro la storia della civilizzazione umana e dei suoi modi di produzione. Questa fase contemporanea di competizione strategica e di business experimentation abilitata dall’automazione ha caratteristiche nuove e distintive al punto che è stata anche riqualificata come “iperautomazione” (Wilson e Tyson, 2023). Per questo si vengono anche moltiplicando e diffondendo - sia pur con declinazioni varie, ma prossime di senso - espressioni come machine economy, agent economy, autonomous economy, artificial economy, solo per citare quelle più note.
Dentro a questo passaggio dell’economia all’iperautomazione, oltre alla meccatronica e robotica più classiche (e in aggiunta anche a quelle più recenti della robotic process automation, della robotica a sciami o di quella cobotizzata dei sistemi industriali umano-macchina collaborativi), vanno oggi portate in maggiore evidenza e in analisi le automazioni di business prodotte dagli algoritmi di deep learning dell’intelligenza artificiale generativa (dai linguaggi macchinici, alle immagini sintetiche, agli agenti autonomi) oltre quelle abilitate dai protocolli crittografici delle varie ed emergenti organizzazioni decentralizzate autonome (tra self-employed robot, machine-customer, protocol fork).
Mani, menti, mercati: un’automazione al cubo
Stiamo entrando, dunque, in una stagione accelerata di “neoautomazione” che richiederà per certo nuove culture, nuove mentalità e, naturalmente, anche nuove competenze (Tella, 2023). È un’automazione al cubo (cubed automation) o, come l’ho anche definita, l’automazione delle 3M: mani, menti, mercati (Accoto, 2023). Si automatizza la forza fisica, la capacità cognitiva, la relazione mercantile, scardinando con radicalità forme organizzative classiche, antiche divisioni del lavoro e pratiche produttive consolidate. E così all’orizzonte si profila e ritorna anche, nuovamente e criticamente, la questione della “disoccupazione tecnologica” (Acemoglu e Johnson, 2023) e dell’obsolescenza - se non proprio della fine - del lavoro.
D’altro canto, il senso e la forma dell’esperienza d’impresa già vivono una morfosi profonda. Tra dati, software, algoritmi e protocolli, la trasformazione organizzativa si è anch’essa avviata da tempo. Ne osserviamo e ne sperimentiamo quotidianamente slanci (e cadute) e tentativi dall’esito incerto. L’innovazione tecnologica sta divenendo così anche innovazione istituzionale per interi comparti industriali ed ecosistemi di business. Non cambiamo, cioè, solo “cosa” produciamo, ma “come” produciamo. Non solo le materialità del prodotto o servizio, ma le modalità stesse della produzione. È il caso dell’intelligenza artificiale generativa, che automatizza il processo produttivo di testi e immagini oltre che, più di recente, l’abilità esecutiva di compiti.
IA generativa: linguaggi, immagini, attività
Da qualche tempo, la cosiddetta intelligenza artificiale non è più solo “discriminativa”, ma è divenuta “generativa”. Vale a dire che non scava più nei dati che le vengono messi in input solo per individuare e “discriminare” l’informazione rilevante (come, ad esempio, riconoscere algoritmicamente un volto reale noto), ma si è evoluta al punto di ricreare e “generare” un’informazione rilevante (come, ad esempio, produrre algoritmicamente un volto realistico ex novo).
Stiamo entrando, così, in una nuova era mediale inflazionaria, quella dell’intelligenza artificiale generativa (Accoto, 2023), a partire dall’arrivo della “parola sintetica”. La capacità di simulare la lingua non rappresenta, infatti, solo un avanzamento tecnico nel processamento macchinico del linguaggio naturale. È piuttosto un passaggio di civiltà che scardinerà le economie, le imprese e i mercati. Ma non solo parole. Dalla produzione artistica alla diagnostica medica, dal marketing digitale al design industriale, l’era inflattiva dell’IA generativa farà leva anche sulle opportunità (e i rischi) dell’“immagine sintetica”.
Infine, dopo le parole macchiniche e le immagini sintetiche, la questione emergente dell’adozione pervasiva di “agenti autonomi”. All’orizzonte si profila un esercito computazionale fatto di intelligenze artificiali operative che, nei molti progetti in essere e in divenire, assolveranno ai compiti più svariati automatizzando ecosistemi di business, processi industriali e servizi erogati.
Automatizzare il linguaggio e la scrittura
Un large language model (LLM) è un sequenziatore linguistico-probabilistico a bassa crossentropicità. È un modello matematico della distribuzione di probabilità delle parole di una lingua scritta che si sforza di massimizzare la sua capacità performativa come text predictor. Ha certamente competenze linguistiche “formali”, ma non “funzionali”. Le prime (quelle formali) si riferiscono alla capacità del processamento macchinico del linguaggio naturale in grado di riconoscere la struttura sintattica di una lingua, le sue regole grammaticali, le sue regolarità nella costruzione delle frasi. E poi di automatizzarla e simularla probabilisticamente. Le seconde (quelle funzionali) riguardano le capacità proprie del cervello umano di costruire un linguaggio che è in relazione col mondo e che ci consenta cognitivamente di agire in esso.
I successi raggiunti dai LLM nelle competenze formali non devono trarci in inganno rispetto alle seconde che, ad oggi, rimangono lontane da quelle umane. E, tuttavia, questo è un passaggio strategico da non sottovalutare (Binder, 2022). Che non riguarda la questione di assegnare o meno intelligenza, coscienza, senzienza alle macchine. Piuttosto, e in prospettiva, l’arrivo del “linguaggio sintetico” scardinerà gli apparati e i dispositivi istituzionali del discorso, della parola e del parlante così come della scrittura e dell’autorialità. Questa presa di parola della macchina sarà un’operazione dirompente su industrie e mercati: educazione, intrattenimento, giornalismo, marketing e molte altre.
Automatizzare la produzione di immagini
Insieme alla parola, l’immagine sintetica rappresenta l’altra espressione, letteralmente più visibile e oggi sempre più presente, della capacità generativa dell’IA (MIT, 2023). Un percorso lungo che ha portato l’immagine a essere prima digitalmente processata e poi, col primo decennio degli anni Duemila, a essere generativamente sintetizzata attraverso le reti neurali artificiali. L’immagine sintetica non è più semplicemente una “trascrizione isomorfica del reale” (una riproduzione della realtà) come è, invece, un’immagine fotorealistica. Non è più, cioè, la rappresentazione realistica visuale di oggetti, ambienti o persone reali. È una produzione automatizzata algoritmica che riproduce generativamente gli effetti di realismo tipici della fotografia, anche se è una simulazione visuale.
Per fare questo, sfrutta l’informazione latente presente nei dati, ma non osservabile direttamente. Lo “spazio latente” (latent space) è lo spazio che mappa tutte le dimensioni (features) possibili dei dati in input. Sono le dimensioni (pattern come colore, angolatura, grandezza, orientamento) estratte automaticamente da una rete neurale artificiale addestrata. Questa nuova automazione nella produzione di immagini ad alto grado di realismo (o anche di metacreatività: Navas, 2023) metterà in crisi industrie e mercati insieme alla vecchia episteme del vero e del falso. E aprirà anche a caratteristiche di novità nel visuale (immagini di macchine solo per macchine, natura operazionale e non rappresentazionale del visivo, finalità mediali simulativo-predittive).
Automatizzare attraverso agenti autonomi
L’era inflattiva dell’IA generativa sempre più evoca all’orizzonte non solo una nuova ecologia mediale sintetica (testi, immagini, suoni, video), ma anche una nuova “economia sintetica” popolata e animata da “agenti autonomi” (Schlicht, 2023). Siamo solo agli inizi naturalmente e l’hype è montante, ma sarebbe in arrivo un’armata di agenti computazionali capaci di organizzare in modo automatizzato il lavoro necessario a completare attività complesse (non solo, quindi, a produrre una singola immagine o uno specifico testo come accade con le forme attuali dell’IA generativa). Dalla medialità alla produttività, potremmo dire.
Dato un determinato obiettivo, un agente autonomo definisce i compiti iniziali attingendo anche alla sua memoria (corta e lunga) e, creando in autonomia sottotask/goal, li mette in esecuzione evocando strumenti e risorse necessari e ne raccoglie i primi feedback, sulla scorta di questi genera nuovi compiti mettendoli in scala di priorità selettivamente per poi continuare a iterare il processo, per cicli migliorativi, fino al conseguimento finale dell’obiettivo.
Dopo il successo nell’individuazione della sequenza di parole (modelli linguistici su larga scala) siamo passati ora all’individuazione della sequenza delle azioni (agenti pianificanti step-by-step). Senza indulgere in facili antropomorfismi o entusiasmi eccessivi, questa automazione consentirebbe, dunque, simulazioni di ragionamento e attività di pianificazione svolte da agenti e assistenti autonomi.
Prosperare dentro nuove uncanny valley?
I più pessimisti già paventano sostituzioni di professionisti umani con agenti autonomi, gli ottimisti valutano le potenzialità di questi “co-piloti” nell’aumentare la produttività dell’umano al lavoro. Siamo, naturalmente, ancora nella fase della sperimentazione (anche caotica) di questi nuovi fattori e vettori di neoautomazione tra language processing, computer vision e machine behavior. I capitali di ventura sono alla ricerca spasmodica di imprese, talenti e invenzioni che sappiano offrire strategie e vantaggi competitivi significativi. Società e politica assistono un po' sconcertate a questa nuova esplosione cambriana di specie artificiali sul pianeta Terra, dove ora l’intelligenza biologica si confronta evolutivamente con l’intelligenza tecnologica.
Qualcuno, forse troppo romanticamente, immagina una co-evoluzione adattiva pacificata. Ma come ogni biologo evoluzionista sa, in natura il coadattamento non esiste in una sola forma, ma si dà in molte forme. Se volessimo allora mantenere l’analogia biologica, dobbiamo almeno aver presente che l'interazione tra due specie ne ha almeno quattro: il parassitismo, la predazione, la competizione e il mutualismo. Solo in quest’ultima forma entrambe le specie beneficiano dell'interazione ecologica. Nelle altre tre la relazione è - a vario modo e in diversa misura - antagonista, arrischiata, quando non tragicamente mortale.
Testi per approfondire
Accoto (2023), The Latent Planet (in pubblicazione)
Grupen (2023), The Developmental Organization of Robot Behavior
Gunkel (2023), Person, Thing, Robot (in pubblicazione)
Halpern, Mitchell (2023), The Smartness Mandate
Mercado (2023), Artificial Economics
Scheibenreif, Raskino (2023), When Machines Become Customers
Tella (2023), The New Automation Mindset (in pubblicazione)
Wilson, Tyson (2023), Age of Invisible Machines
Navas (2023), The Rise of Metacreativity
Schlicht (2023), The Complete Beginners Guide to Autonomous Agents
Binder (2022), Language and the Rise of Algorithm
MIT Technology Review (2023), Generative AI in Industrial Design
Cosimo Accoto, filosofo delle tecnologie, ricercatore affiliato & fellow (MIT Boston), adjunct professor (UNIMORE), ha maturato il suo percorso professionale nella consulenza strategica di management e prima ancora nell’industria dei dati, del software e delle piattaforme. Molti i suoi interessi di ricerca tecnoculturale: filosofia del codice, sensori e dati, automazione e intelligenza artificiale, blockchain, computazione quantistica, realtà estese e metaversi. Pubblica su Economia & Management (SDA Bocconi), Harvard Business Review Italia, il Sole 24 Ore, Sistemi & Impresa, Aspenia, MIT Sloan Management Review Italia. È autore di un’originale trilogia filosofica sulla civiltà digitale: Il mondo in sintesi (2022), Il mondo ex machina (2019), Il mondo dato (2017) tradotto anche in cinese. Ospite di programmi televisivi (Codice, Rai1) e radiofonici (Smart City, Radio24) dedicati all’innovazione culturale e tecnologica, è speaker per TEH Ambrosetti, Aspen Institute, Harvard Business Review.
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