Gli equilibri mondiali stanno rapidamente cambiando. Per operare in sicurezza nei mercati internazionali è indispensabile cercare di capire i nuovi sviluppi
Enrico Sassoon
Aprile 2023
Quanto avviene di questi tempi, per quanto di difficile interpretazione, porta a una possibile anche se strana conclusione. Siamo avviati verso un mondo crescentemente globalizzato eppure allo stesso tempo crescentemente frammentato. Una crescente globalizzazione in un mondo più frammentato può sembrare un ossimoro per cui occorre spiegarsi.
La guerra di Putin non ha l’obiettivo di conquistare qualche centinaio di chilometri quadrati di territorio ucraino, ma di contrastare il modello occidentale economico, politico e sociale, e fino a un certo punto anche religioso, rappresentato da Stati Uniti ed Europa, più alcuni altri Paesi come il Giappone, la Corea o l’Australia.
La Cina ha grandi obiettivi egemonici e ha a grandi linee lo stesso obiettivo della Russia, anche se è cauta a non compromettere i propri interessi nel farlo. Opera sul piano mondiale estendendo ogni giorno la sua capacità di influenza, nel Mar Cinese Meridionale (Taiwan, Spratley e altro) così come in Africa. Ma anche in Europa con l’iniziativa della “nuova via della seta”. Inoltre cerca di costruire ponti tra Paesi in bilico tra la visione occidentale e una visione alternativa, in America Latina, Africa e Medio Oriente.
Medie potenze, che crescono e dominano localmente grazie a una popolazione giovane e a una tecnologia disponibile e sempre più potente, con in primo luogo l’intelligenza artificiale, stanno perdendo l’allineamento con il modello composto dalla combinazione di economia di mercato e democrazia politica e sono tentate da un modello diverso, dove l’economia è più controllata e la democrazia più limitata. Sono paesi come India, Brasile, Sud Africa, Arabia Saudita, Nigeria, Indonesia, lo stesso Iran. E molti Paesi meno avanzati possono essere crescentemente tentati dall’allontanarsi dalla formula capitalistica occidentale per sperimentare un modello diverso.
Diverso da cosa? Da un assetto globale dove basta la crisi di liquidità di una banca non tra le maggiori per scatenare una crisi finanziaria. Dove 5-10 grandi aziende tecnologicamente dominanti hanno una capitalizzazione di mercato superiore a tutte le altre messe insieme. Dove i costi del cambiamento climatico vengono attribuiti non a chi ha generato il problema nei passati 200 anni, ma in misura eccessiva a chi ha iniziato da poco a contribuirvi. E dove in una crisi sanitaria i costi e i benefici sono malamente ripartiti a causa di un sistema troppo dipendente da capacità finanziaria, brevettuale e innovativa.
L’idea di Fukuyama dell’inevitabile trionfo della società occidentale è stata una pericolosa illusione. Quello che abbiamo davanti è un possibile cambiamento epocale che porta alla vera fine dell’era del colonialismo e dell’imperialismo. Non si tratta del ritorno dell’altrettanto pericolosa illusione comunista, ma di una possibile adesione di Paesi collocati in varie parti del mondo a un modello politico economico e sociale diverso da quello che ha dominato per molti secoli e che è sopravvissuto fino ad oggi sapendosi sempre rinnovare malgrado le crisi cicliche che provoca in tutto il mondo. Potrebbe non succedere in questo prossimo futuro, ma dobbiamo chiederci se la prospettiva di un mondo più globalizzato e più frammentato non sia il vero rischio cui stiamo andando incontro.
La risposta, per quanto possa essere difficile e provvisoria, è cruciale. Le imprese che operano sia su scala locale sia su scala globale dovranno, infatti, sempre più tenere conto del nuovo contesto. Diverso è, infatti, operare e investire in un quadro di rapporti economici, finanziari e commerciali di tipo multilaterale oppure in un ambito in cui prevalgono nuove realtà regionali o aggregazioni politiche. E, naturalmente, diverso è, e sempre più sarà, operare in aree monetarie specifiche e non più omogenee a livello mondiale. La prospettiva di un’area di scambio dove la moneta comune sarà il yuan e non più euro o dollari è infatti molto vicina e non tutte le conseguenze sono oggi chiare alle imprese e ai cittadini.
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