STRATEGIA

Il potere del fit strategico

Allineando questi sette fattori, un’azienda può creare più valore per i suoi azionisti

Darrell Rigby, Zach First

Aprile 2025

Il potere del fit strategico

 

Verso la fine di una lunga sessione di strategia in un’importante azienda dello S&P500, un alto dirigente pose una domanda semplice, ma dalle profonde implicazioni: «Stiamo vincendo?». Prese il via un’accesa discussione. Da un lato, erano quasi due anni che l’azienda registrava risultati finanziari impressionanti, superiori sia ai piani interni che alle aspettative degli analisti, e quasi tutti i dirigenti, grazie a questi risultati, avevano incassato generose gratifiche. Dall’altro lato, la rivalutazione delle azioni negli ultimi cinque anni era stata al di sotto della media dello S&P500, segno che era sotto la media anche la fiducia degli investitori nella sua performance futura. Inoltre, i dipendenti erano logorati, l’innovazione ristagnava e le date di rilascio dei prodotti di nuova generazione continuavano a slittare, non c’era collaborazione tra le unità operative e alcuni analisti valutavano l’azienda meno della somma delle sue parti.

I vertici decisero di accrescere il valore dell’impresa eliminando le barriere tra le diverse funzioni e potenziando il lavoro di squadra, per fare in modo che tutti lavorassero al raggiungimento di obiettivi reciprocamente vantaggiosi. Mentre scriviamo questo articolo, il processo è ancora in corso e l’azienda ne sta approfittando per prendere di petto interrogativi fondamentali, che per anni si era evitato di affrontare: che cosa significa vincere per noi? Stiamo usando i criteri giusti per misurare e gestire i progressi? Quali sono i fattori strategici che limitano il nostro successo?

In questo articolo spiegheremo perché massimizzare il valore dell’azienda a beneficio di tutti gli stakeholder è l’obiettivo giusto. Identificheremo sette fattori strategici e descriveremo come allinearli per poter sfruttare fino in fondo tutti i punti di forza di un’azienda. Ispirandoci all’esempio della Self Esteem Brands, una società di fitness, salute e benessere, mostreremo come costruire un’organizzazione fuori dal comune, capace di creare un valore anch’esso fuori dal comune.

 

LO STATO DELL’ARTE DELLA STRATEGIA

Molti manager, sottoposti a forti pressioni per accrescere il valore della loro azienda, si rivolgono a quelle che noi chiamiamo “strategie Excel”: fissano obiettivi finanziari sufficienti a soddisfare le aspettative degli analisti e poi riempiono le celle del foglio di calcolo, riga per riga, colonna per colonna, stiracchiando i numeri per trovare un piano che appaia plausibile, e poi, a ritroso, trovare modi per realizzarlo. Questo approccio ha quattro difetti.

Il primo è che accorda eccessiva importanza a regole contabili arcaiche, trattandole come se fossero il modo migliore per valutare le aziende moderne. Regole contabili che sono state pensate per l’era industriale non possono conservare la stessa rilevanza in un’epoca di tecnologie digitali e centralità dei beni intangibili. Prendete il caso della valutazione degli asset. Un asset è una risorsa tangibile o intangibile controllata da un’azienda che può produrre valore economico in futuro, anche se a volte possono passare decenni prima che questo valore diventi visibile nel conto economico. La Ocean Tomo, una società che offre servizi di consulenza sugli asset, ha calcolato che nel 1975 gli asset tangibili, come terreni, edifici, macchinari, rappresentavano l’83% del valore di mercato delle aziende dello S&P500, mentre nel 2020 questa percentuale era precipitata ad appena il 10%: il restante 90% consisteva in beni intangibili, come brevetti, segreti industriali e valore del marchio. Annie Brown, responsabile delle valutazioni in Brand Finance, una società di consulenza sulle questioni legate al brand, ci ha detto che oggi solo il 24% di questi asset intangibili figura nei bilanci delle aziende dello S&P500. In altre parole, quasi il 70% di tutti gli asset che determinano le valutazioni di mercato delle aziende più importanti non compare su rendiconti finanziari e fogli di calcolo. Eppure, questi sono il fattore alla base dell’ascesa vertiginosa del prezzo delle azioni di Amazon, nonostante l’azienda, fondata nel 1994, avesse realizzato i suoi primi utili trimestrali solo nel 2001 e il primo flusso di cassa libero annuale positivo nel 2002.

Il secondo difetto è che le “strategie Excel” normalmente estrapolano all’infinito relazioni lineari positive. Per esempio, se una riduzione di 10 milioni di dollari della spesa per ricerca e sviluppo è correlata a un miglioramento dei profitti nell’anno precedente, questo approccio spinge a ritenere che un taglio di 20 milioni di dollari porterebbe a un raddoppiamento degli utili nell’anno successivo. Se la quota di mercato per otto anni è cresciuta, ma negli ultimi due anni è arretrata, le funzioni di regressione del foglio di calcolo potrebbero indurre a pronosticare che tornerà presto alla sua linea di tendenza al rialzo. Le estrapolazioni semplicistiche non tengono conto delle realtà dei rendimenti decrescenti e delle complessità delle dinamiche del sistema competitivo.

Il terzo difetto è che queste strategie partono dal presupposto che i metodi siano intercambiabili. Quando i dirigenti assegnano degli obiettivi a singole unità operative, accompagnandoli con forti incentivi per il loro raggiungimento, i responsabili delle unità operative spesso vanno a guardare le best practice di altre aziende che hanno registrato risultati finanziari migliori. Ma spesso queste aziende hanno successo nonostante l’adozione di certe pratiche, non grazie a esse, e trapiantare una pratica da un sistema complesso a un altro raramente produce gli stessi risultati. Parti diverse di un’azienda possono adottare pratiche gestionali diverse che assolvono ai loro scopi, anche quando non sono allineate con quelle utilizzate in altre parti dell’azienda.

Il quarto difetto è che le “strategie Excel” separano la strategia aziendale dalla gestione dei singoli reparti. I direttori di divisione, costretti a fare i salti mortali per raggiungere i difficili obiettivi finanziari che gli sono stati assegnati, finiscono per pensare che le sessioni di strategia aziendale siano irrilevanti per le loro responsabilità personali e durante queste riunioni trascorrono la maggior parte del tempo sui loro dispositivi a comunicare con i sottoposti, invece di collaborare con gli altri dirigenti. Il risultato di questa mancanza di connessione è che un’azienda agisce come un insieme di attività vagamente affiliate fra loro e le sue azioni vengono scambiate a un prezzo che è inferiore alla somma delle sue parti. Tutto questo porta a incomprensioni comunicative, occasioni di sinergia perdute e costi complessivi più alti a causa di tutta l’attività di supervisione e risoluzione di conflitti necessaria per compensare la mancanza di un fit, o incastro, strategico.

 

CHE COS’È IL FIT STRATEGICO?

Il fit strategico è il grado di allineamento e sinergia all’interno del sistema di funzionamento di un’impresa. Quando è ottimale, crea benefici effetti moltiplicatore fra tutte le componenti dell’impresa. Una di esse sono i dipendenti: quando sono allineati con altre componenti, per esempio gli obiettivi dell’azienda, sono più coinvolti e se sono più coinvolti sviluppano prodotti più innovativi, che creano a loro volta clienti fedeli ed entusiasti che attirano ancora più clienti, migliorano i risultati finanziari e rendono più gratificante il lavoro dei dipendenti stessi; un miglior andamento finanziario dell’impresa può generare i fondi necessari per garantire ai dipendenti indennità migliori, per investire nella creazione di offerte allettanti per i clienti e per dare un contributo più significativo alla comunità. Il fit strategico produce un sistema che è quasi impossibile da replicare per la concorrenza, a patto che l’azienda riesca ad adattarsi efficacemente al mutare delle condizioni.

È un concetto tristemente sottoutilizzato, ma non del tutto nuovo. A metà dell’Ottocento Charles Darwin rese popolare l’espressione “sopravvivenza del più adatto”, spiegando che i gruppi che presentano caratteristiche più vantaggiose nel contesto in cui si trovano hanno maggiori probabilità di sopravvivere e che i gruppi più coesi e collaborativi se la cavano meglio di quelli più individualisti e conflittuali. Negli anni Sessanta Alfred D. Chandler Jr. dimostrò come i cambiamenti di mercato e l’avvento di nuove tecnologie impongano cambiamenti della strategia che determinano a loro volta cambiamenti organizzativi: da cui il suo principio “la struttura segue la strategia”. Nel suo articolo del 1996 sulla Harvard Business Review, dal titolo “What Is Strategy?”, Michael Porter propose il concetto del fit strategico, sottolineando che il sistema delle attività dell’impresa è più importante delle singole parti e sostenendo che il successo non è da attribuire soltanto alle competenze individuali. La strategy choice cascade di Roger L. Martin e A. G. Lafley scomponeva la formulazione della strategia in cinque scelte strategiche fondamentali in cui ognuna rafforzava le altre.

Sfortunatamente, il fit strategico è una cosa facile da descrivere per gli studiosi, ma difficile da mettere in pratica per i manager, che faticano a capire come realizzarlo e mantenerlo. Quali componenti bisogna allineare? Il processo è una sequenza a cascata di scelte strategiche? Quanto spesso va rivisto l’incastro strategico della nostra organizzazione?

In precedenti libri e articoli, abbiamo proposto ai manager metodi per migliorare componenti della loro strategia. Abbiamo descritto, per esempio, come elaborare un obiettivo chiaro e convincente per la propria organizzazione (si veda “Cosa fanno di diverso i purpose statement di successo”, www.hbritalia.it, marzo 2024); come creare un modello operativo che renda più agile un’organizzazione (si veda Fare agile nel modo giusto: per una trasformazione senza caos, EGEA, 2020); e come incrementare la creazione di valore a beneficio di tutti gli stakeholder, proponendo anche metodi per modellizzarla e misurarla (si veda “Come creare una strategia per gli stakeholder”, HBR Italia, giugno 2023). In questo articolo spiegheremo cosa possono fare i dirigenti di un’impresa per legare insieme questi e altri componenti essenziali di una strategia di successo, creando un sistema sinergico che accresce continuamente il valore di un’impresa attraverso un fit strategico migliore.

 

COME CREARE E MANTENERE UN FIT STRATEGICO

In tutto l’articolo, useremo l’esempio della Self Esteem Brands (SEB) per illustrare come funziona il fit strategico. (SEB non è mai stata cliente della nostra società: nel momento in cui scriviamo, sta procedendo a una fusione con la Orangetheory Fitness, che darà vita a una nuova società chiamata Purpose Brands). Abbiamo conosciuto l’amministratore delegato della SEB alcuni mesi fa, dopo che un amico comune, nonché investitore di vecchia data nella società, aveva letto diversi dei nostri articoli e aveva constatato che descrivevano un approccio alla strategia simile a quello usato da SEB: la persona in questione ci ha presentati a Chuck Runyon, l’amministratore e cofondatore di SEB, e abbiamo realizzato con lui diverse interviste, seguite da un’analisi approfondita del sistema di funzionamento della società.

Nell’arco di circa vent’anni, SEB è cresciuta da semplice centro di fitness fino a diventare il più grande portafoglio mondiale di marchi in franchising per la salute e la cura della persona. Questo portfolio oggi comprende marchi come Anytime Fitness e Orangetheory Fitness (centri per la salute e il fitness), Waxing the City (servizi di epilazione di alta gamma), The Bar Method (palestre di ginnastica alla sbarra), Basecamp Fitness (palestre di allenamento HIIT), Stronger U Nutrition (coaching di nutrizione su internet), Provision Security Solutions (sistemi di sicurezza contro il furto e gli infortuni, specie per strutture in franchising) e Healthy Contributions (una società che offre programmi di benessere). Negli anni, ha anche raccolto numerosi premi e riconoscimenti: nel 2013 la rivista Forbes ha indicato il suo marchio originario, Anytime Fitness, come una delle “imprese più promettenti degli Stati Uniti”; un’altra rivista, Entrepreneur, l’ha proclamata prima società di franchising del mondo (davanti ad altri concorrenti nel campo del fitness, come la Gold’s Gym, e a marchi iconici come McDonald’s e 7-Eleven) sia nel 2014 che nel 2015; nel 2016 Club Business International l’ha classificata per l’ottavo anno consecutivo al primo posto fra i marchi di fitness in più rapida crescita nel mondo.

Il processo per raggiungere il fit strategico comincia con l’identificazione di sette elementi di strategia fondamentali. Per produrre una performance di livello superiore, questi elementi devono rimanere allineati in condizioni imprevedibili e in continuo mutamento, ed è necessario, quindi, che vengano sviluppati in modo concomitante e iterativo.

 

1. Modello mentale

Il successo dipende dalla capacità di capire come funziona realmente un’impresa e come può capitalizzare il mutamento delle condizioni di mercato. I dirigenti più efficienti sviluppano modelli mentali che riproducono per approssimazione realtà complesse, ma che sono sufficientemente semplici per orientare le decisioni quotidiane. Secondo la famosa frase dello statistico George Box: «Tutti i modelli sono sbagliati, ma alcuni sono utili».

Il modello mentale di Runyon parte dai seguenti presupposti: l’azienda crea valore migliorando la vita delle persone; le persone sono soggette a una gamma complessa di emozioni umane; il compito del manager è sbloccare tutto il potenziale delle persone. Runyon è determinato a fare della SEB un’azienda fuori dal comune, capace di produrre un valore fuori dal comune nel lungo periodo. È anche dell’opinione che l’unico modo per riuscirci sia allineare e bilanciare quattro componenti complementari, le quattro P: people, purpose, profits e play, cioè persone, scopo, profitti e gioco. Queste quattro P, secondo il suo resoconto, sono diventate la lente strategica attraverso cui l’azienda guarda ogni aspetto della sua attività e in base a cui valuta ogni decisione. Aiutano le persone a orientarsi in condizioni mutevoli e poco chiare, come se indossassero occhiali speciali per la visione notturna mentre i loro concorrenti incespicano nel buio. Nell’azienda quasi tutti conoscono a memoria le quattro P e gli stakeholder che la SEB trova più attraenti sono quelli che scelgono di affiliarsi con l’azienda perché ne condividono i valori. Le quattro P per la Self Esteem Brands non sono uno slogan di marketing, ma uno strumento efficace per prendere decisioni difficili.

 

2. Scopo e ambizioni

Lo scopo e le ambizioni di un’impresa sono strettamente intrecciati fra loro. Lo scopo è la ragione per cui l’azienda esiste e quello che punta a realizzare per gli altri, mentre le ambizioni sono le cose che l’azienda spera di realizzare per sé stessa, inclusi gli obiettivi finanziari e operativi. Per comprendere l’essenza reale dello scopo e delle ambizioni di un’azienda, dovete guardare quello che fa, non semplicemente quello che dice.

Lo scopo di Self Esteem Brands è migliorare l’autostima delle persone in tutto il mondo. Questo approccio si incastra alla perfezione con il modello mentale di Runyon, creare valore migliorando la vita delle persone. È raro che un’azienda abbia uno scopo così ampio e coraggioso. Per inculcarlo in tutta l’organizzazione, dice Runyon, lui e il suo socio d’affari, Dave Mortensen, parlano spesso di sentimenti, empatia ed emozioni. E raccolgono dati e storie su quello che fa l’azienda per aiutare le persone a raggiungere una maggiore soddisfazione personale, non solo sul piano fisico, ma anche su quello mentale ed emotivo.

Per raggiungere uno scopo così coraggioso è necessario che le questioni relative alla scala operativa e alla forza finanziaria dell’azienda siano affrontate con lo stesso livello di ambizione. Nel 2023, quando la SEB aveva circa 5.500 sedi operative, Mortensen ha annunciato l’obiettivo di arrivare a 10.000 unità nell’arco di cinque anni. Ha calcolato che l’azienda fino a quel momento aveva avuto un impatto sulla vita di circa 20 milioni di persone, e puntava a raggiungere quota 100 milioni. Runyon riconosce che la performance finanziaria è una componente fondamentale della strategia di crescita di SEB: descrive le attività che producono profitti come la forza gravitazionale che attira nel sistema dell’impresa i clienti migliori, gli investitori giusti e i dipendenti con elevate potenzialità, e dice che è grazie a queste attività redditizie che gli investimenti riescono a rendere l’azienda più forte creando al contempo un valore superiore per tutti gli stakeholder.

 

3. Creazione di valore per gli stakeholder

Gli stakeholder, o portatori di interesse (cioè quei gruppi che influenzano le attività di un’impresa e ne sono influenzati), includono i clienti, i dipendenti, i fornitori, le comunità e gli investitori. Ognuno di questi gruppi interpreta un ruolo fondamentale: i clienti generano vendite e profitti; i dipendenti creano prodotti e servizi; i fornitori mettono a disposizione strumenti e materiali fondamentali; le comunità offrono il contesto generale e il permesso di operare; gli investitori, infine, forniscono le risorse finanziarie necessarie per la crescita. L’obiettivo della creazione di valore per gli stakeholder è incrementare in modo continuativo il valore che tutti gli stakeholder ricevono e offrono all’impresa. I dirigenti che perseguono questo obiettivo lavorano duramente per convincere gli stakeholder che collaborare per il reciproco beneficio è nel loro massimo interesse. Le aziende che creano il maggior valore per gli stakeholder attirano e conservano i portatori di interesse più preziosi, ricavandone un vantaggio competitivo. Inversamente, le aziende che non creano abbastanza valore per questi gruppi rischiano di perdere stakeholder fondamentali in favore della concorrenza, ritrovandosi con risorse inferiori e una situazione di svantaggio competitivo. Storicamente, molti danno per scontato che impegnarsi per puntare a creare valore per tutti i portatori di interesse vada a detrimento degli azionisti. L’analisi di Bain & Company dimostra l’infondatezza di questo presupposto. (Si veda il box “Il fit strategico produce un maggior ritorno economico”.)

È importante distinguere la creazione di valore per gli stakeholder dal semplice “buonazionismo”, cioè quelle attività di beneficenza che drenano risorse dall’azienda senza portare un reale beneficio agli stakeholder. Una reale creazione di valore per gli stakeholder è in linea con le necessità e i valori dei gruppi su cui si vuole puntare e garantisce che ogni azione intrapresa dall’azienda accresca i benefici reciproci e supporti gli obiettivi strategici.

SEB si impegna molto per arricchire l’esistenza di tutti coloro che interagiscono con le sue attività, e quindi consumatori, fornitori, dipendenti, investitori, affiliati in franchising e residenti delle comunità in cui opera. Cerca quel punto magico che Runyon chiama “interesse collettivo”, il punto di intersezione tra l’interesse dell’azienda e quelli dei vari stakeholder.

Esaminiamo l’incastro strategico tra consumatori e investitori, due gruppi di stakeholder che alcune aziende trattano come se fossero rivali che si contendono risorse limitate. Per SEB, un importante indicatore di successo è il successo dei suoi membri. Secondo quasi un milione e mezzo di scansioni effettuate col body scanner nel 2023, i clienti della SEB, sommati insieme, hanno perso oltre 700.000 chilogrammi di peso e aggiunto quasi 400.000 chilogrammi di muscoli. Le storie personali dietro a queste statistiche fanno ancora più impressione. Il libro di Runyon e Mortensen del 2017, Love Work, racconta di una nonna di 69 anni che aveva avuto gravi problemi di salute e poi aveva stabilito il record mondiale di plank (un esercizio in cui una persona sdraiata si tiene in equilibrio sulle dita dei piedi e gli avambracci, mantenendo il resto del corpo dritto e sollevato dal terreno). Racconta anche la storia di una donna che aveva tentato il suicidio e poi aveva perso 45 chili e riconquistato la sua autostima, e del proprietario di una palestra che aveva donato un rene a uno dei suoi clienti. Poi c’è la storia di un uomo che aveva perso le gambe e i polpastrelli per il batterio mangiacarne ed era stato rifiutato da sei palestre concorrenti: gli istruttori della Anytime Fitness lo avevano allenato per partecipare a una corsa di resistenza e lo avevano portato a tagliare il traguardo.

I clienti che hanno una mentalità focalizzata su uno scopo restano più fedeli a un’azienda se questa dimostra di voler perseguire il suo scopo con convinzione, specie quando comporta spese o difficoltà. Ed è molto più facile fare cose costose o complicate, che portano risultati solo nel lungo periodo, se gli investitori hanno anch’essi la stessa mentalità.

Per questo, nel 2013, quando avevano bisogno di raccogliere capitali per far crescere l’azienda, Runyon e Mortensen elaborarono un processo inusuale: redassero un “manifesto dell’investitore” di otto pagine, in cui descrivevano i loro modelli mentali per l’impresa, gli stakeholder, la leadership e la vita. I potenziali investitori dovevano leggere il loro manifesto e poi scriverne uno a loro volta. In questo modo, coinvolsero nel sistema di stakeholder investitori che avevano la stessa mentalità, trasformando il bene in questione, il denaro, in un ingrediente dell’incastro strategico dell’azienda.

Una delle difficoltà maggiori per mantenere questo tipo di fit strategico è adattarlo in modo da sostenere la creazione di valore per gli stakeholder attraverso i cambiamenti e le tendenze che si susseguono ciclicamente.

 

4. Forze macro

Le forze macro sono quei fattori esterni a un’azienda che possono influenzare in modo significativo la sua performance. Ne fanno parte le condizioni economiche, le tendenze demografiche, fattori politici e legali, tendenze culturali, evoluzioni della tecnologia, questioni ambientali e dinamiche commerciali globali. Le forze macro sono intrinsecamente instabili, e spesso non controllabili direttamente da parte delle aziende. Ciononostante, le aziende devono monitorarle e devono adattare la loro strategia per sfruttare al massimo le opportunità emergenti, invece di cercare di lottare contro tendenze avverse.

Quando scoppiò la pandemia di Covid-19, all’inizio del 2020, per i centri di fitness cambiò tutto e molti dovettero chiudere. Runyon e il suo team erano consapevoli di essere responsabili di una rete mondiale di piccoli imprenditori (gli affiliati in franchising), che non avevano la capacità di spesa o la liquidità per sopravvivere a una crisi del genere, perciò entrarono in azione, aiutandoli a chiudere in modo responsabile, negoziando con i proprietari degli immobili e le banche per ridurre o ritardare i pagamenti, rinunciando a tutte le percentuali che spettavano a SEB e adattandosi per fornire servizi da remoto. Crearono un dipartimento innovazione che mise in piedi un sistema di prenotazioni per limitare il numero di persone che andavano in palestra nello stesso orario e svilupparono programmi di coaching virtuale.

Quando la crisi via via rientrò, SEB aiutò gli affiliati a riaprire in modo responsabile, rispettando le regole dei rispettivi paesi. A quel punto, potendo far leva sulla gratitudine degli affiliati, la fedeltà dei clienti, un dipartimento innovazione forte e concorrenti indeboliti, SEB si ritrovò nella posizione migliore possibile per crescere e guadagnare quote di mercato.

Ora sta fronteggiando un’altra forza macro: i nuovi medicinali agonisti del recettore per l’ormone GLP-1, come l’Ozempic e il Mounjaro, stanno rendendo più facili ed efficaci i trattamenti per la perdita di peso e il diabete, col risultato che le aziende di prodotti dietetici e alcuni centri fitness stanno osservando un calo della domanda per i loro prodotti e servizi. Runyon affronta questo sviluppo come un’opportunità, non semplicemente come una minaccia. È convinto che le persone, sentendosi più sane e sicure di sé, saranno maggiormente inclini a iscriversi a una palestra o un centro fitness che le tratti nel modo giusto. E sapendo che una persona, quando perde peso, perde anche massa muscolare, SEB sta creando programmi di allenamento speciali, sistemi di coaching virtuale e piani nutrizionali personalizzati per clienti che assumono farmaci GLP-1; per esempio, sta potenziando la collaborazione tra le sue palestre Anytime Fitness e il suo marchio Stronger U Nutrition, per aiutare le persone a mettere su muscoli.

Le sinergie potenziali tra scopo, stakeholder e forze macro stanno spingendo i dirigenti della SEB a riconsiderare quali mercati e prodotti saranno più importanti per il successo futuro dell’azienda.

 

5. Mercati e prodotti

I sistemi complessi sono in continuo cambiamento e le aziende, per questo motivo, devono costantemente cercare di capire dove ci saranno margini per fare affari e dove no. Dedicano una gran quantità di tempo e denaro a cercare i mercati migliori per i loro prodotti. Ma la vera sfida è stabilire cosa significa “migliori”, dal momento che un mercato e un prodotto che sono un grande successo per un’azienda possono essere un flop per un’altra.

Bain & Company ha recentemente analizzato il rendimento totale per l’azionista per 4.228 aziende appartenenti a 8 differenti settori tra il febbraio 2019 e il febbraio 2024. Lo studio ha riscontrato che i rendimenti medi più alti (19%) erano nel comparto tecnologico, ma in ogni settore il 10% di aziende con la performance migliore aveva un rendimento superiore a quelli medi delle aziende tecnologiche. In altre parole, entrare in un settore che tira non è garanzia di una performance superiore e un fit strategico può garantire a un’azienda di ottenere risultati eccellenti anche nei settori più difficili, come quello del fitness. Perseguendo il suo scopo di migliorare l’autostima delle persone in tutto il mondo, SEB si è espansa in molteplici direzioni, aggiungendo linee di prodotto e mercati geografici tramite la crescita interna e numerose acquisizioni. 

In un’intervista pubblicata nel 2023, i redattori della rivista Health Club Management chiesero a Mortensen che criteri usava SEB per decidere quali espansioni di mercato portare avanti e quali aziende acquisire. La sua risposta era direttamente incentrata sul modello mentale della leadership: «Ogni marchio che acquisiamo dev’essere allineato con i quattro pilastri – le quattro P – della nostra cultura aziendale fondata su una performance elevata […] Deve avere uno scopo in linea con il nostro, qualcosa che sia più grande dei singoli individui che fanno parte dell’impresa, qualcosa in cui il gruppo dirigente creda. Non può essere soltanto una questione di risultati finanziari […] Loro [i manager] ci devono convincere di questo scopo anche con quello che fanno, dimostrarci che è allineato con la nostra missione, migliorare l’autostima nel mondo». Mortensen proseguiva spiegando che l’impresa da acquisire doveva avere le persone giuste al timone, un focus comune su profitti e parametri di rendimento e uno spirito allegro, giocoso, che rendesse divertente lavorare insieme.

Per SEB, le decisioni in materia di mercati e prodotti devono essere chiaramente in linea con il modello mentale e lo scopo dell’azienda, oltre che con i suoi vantaggi competitivi.

 

6. Vantaggi competitivi

I vantaggi competitivi sono attributi o capacità esclusivi di un’azienda, che la mettono nelle condizioni di fare meglio della concorrenza. Sono fondamentali per la performance e il successo di un’azienda nel lungo periodo. Spingono le vendite e i margini di profitto, attirano i talenti migliori, rafforzano la fiducia degli investitori, accrescono la resilienza e creano importanti barriere all’ingresso per i nuovi concorrenti.

I fondatori di SEB, quando crearono l’azienda, vedevano ampie opportunità per raggiungere il loro scopo più alto attraverso una differenziazione competitiva. Le palestre tradizionali avevano orari limitati e collocazioni scomode, che complicavano la vita alle persone che volevano allenarsi ma avevano la giornata piena di impegni. I fondatori decisero di offrire una soluzione di fitness disponibile 24 ore su 24 tutti i giorni, per venire incontro a quelle persone che avevano bisogno di flessibilità per allenarsi. Puntarono ad aprire palestre di quartiere più piccole e meno complesse, senza ambienti poco utilizzati come i campi di racquetball e solo con le attrezzature che la gente usava più spesso. Introdussero sistemi di sicurezza e controlli degli accessi tecnologicamente all’avanguardia, in modo che i clienti potessero allenarsi a qualsiasi ora del giorno o della notte sentendosi al sicuro.

Molte palestre avevano sistemi di iscrizione complicati e usavano tattiche promozionali pressanti, che scoraggiavano i potenziali clienti. Facevano iscrivere migliaia di persone sperando che la maggioranza di loro non venisse mai in palestra ad allenarsi. Runyon e Mortensen scelsero di semplificare la procedura di iscrizione, rendendola meno costosa ma senza compromettere la qualità, e di venire incontro al cliente; introdussero piani di abbonamento semplici, senza contratti a lungo termine, offrendo flessibilità ed esercitando meno pressioni sui potenziali iscritti.

Runyon e Mortensen notarono che in molte palestre mancava un senso di comunità e di attenzione personale: i clienti si sentivano semplici numeri. Queste strutture non accoglievano le persone con problemi di salute. SEB puntò a creare un forte senso di comunità, focalizzandosi sulla creazione di un ambiente accogliente, accrescendo il coinvolgimento dei clienti e aiutandoli a raggiungere risultati misurabili.

Runyon ci ha detto che inizialmente le aziende concorrenti erano sicure che il loro modello d’impresa non avrebbe funzionato. Una volta che si accorsero che SEB cresceva e realizzava profitti, però, iniziarono subito a spuntare le imitazioni. Ma SEB ormai si era costruita un vantaggio competitivo difficilissimo da replicare: una cultura che mette al centro le persone, ispirando tutti a fare le cose con passione; questa cultura considera le persone come partner e asset preziosi invece che come un costo, e le tratta di conseguenza.

Per trasformare l’efficacia operativa, la cultura e la fedeltà in vantaggi competitivi c’è bisogno di un modello operativo che rafforzi le capacità delle persone e si adatti continuamente all’evoluzione delle condizioni.

 

7. Il modello operativo

Un modello operativo comprende la struttura e le responsabilità dell’organizzazione, i processi e i parametri di governance, la leadership e la cultura, la gestione dei talenti e della performance, i processi aziendali, la tecnologia e i dati. È il motore dell’organizzazione, che libera il potere delle persone e alimenta la creazione di valore.

Per Runyon, il modello operativo di SEB è un sistema per dare più forza alla cultura aziendale. «Non abbiamo mai pensato che il nostro vantaggio risieda nel prodotto», dice. «Il nostro vantaggio competitivo è sempre stato la cooperazione con i nostri stakeholder: dobbiamo sostenerli di più, dobbiamo muoverci più rapidamente; se diventeremo più bravi, se gestiremo l’azienda meglio dei nostri concorrenti nella quotidianità, sappiamo che riusciremo a vincere la gara per conquistare quote di mercato e creare valore».

Lo straordinario modello operativo di SEB si prepara ad affrontare la sua più grande sfida. Nell’aprile del 2024 l’azienda ha dato il via a una fusione alla pari con Orangetheory: le economie di scala sono evidenti, il nuovo modello operativo no. La società nata dalla fusione, Purpose Brands, ha assunto un esterno, Thomas Leverton, per affidargli la carica di amministratore delegato. Chuck Runyon, il CEO di SEB, e Dave Long, quello di Orangetheory, continueranno a dare il loro contributo all’interno del consiglio di amministrazione. Le culture aziendali delle due organizzazioni sono leggermente diverse: le valutazioni di Glassdoor mostrano che i dipendenti di Orangetheory hanno un grado di soddisfazione più basso di quelli della Self Esteem Brands (un punteggio di 3,7 contro 4,0). Ma per qualsiasi sistema di strategia, vedere come regge di fronte a una transizione alla guida dell’organizzazione rappresenta un test cruciale.

 

Per massimizzare il valore dell’azienda bisogna liberare il potere del fit strategico, creando benefici effetti moltiplicatore in tutte le componenti del sistema operativo di un’impresa. Alla fine, questo valore troverà riscontro nel valore di mercato dell’azienda. Ma ora che disponiamo di metodi migliori per misurare l’evoluzione del valore di fattori più strategici e modellizzare gli effetti sinergici fra di essi, i dirigenti possono adattarsi a condizioni di mercato dinamiche in modo più spedito ed efficace. I beni intangibili possono diventare più tangibili e più facili da valutare all’interno e all’esterno dell’azienda. Man mano che i dirigenti acquisiranno esperienza con questo modo di pensare ed elaboreranno dati migliori per misurare e gestire i progressi, le aziende e i mercati diventeranno più efficienti.

 

DARRELL RIGBY è socio dell’ufficio di Boston di Bain & Company, dove è direttore mondiale del reparto Impresa agile. È uno degli autori di Fare agile nel modo giusto: per una trasformazione senza caos (EGEA, 2020) ZACH FIRST è socio dell’ufficio di Los Angeles di Bain & Company, a capo delle iniziative dell’azienda per la creazione di valore per gli stakeholder; in passato è stato direttore esecutivo del Drucker Institute.

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