Nel giugno 2006, quando Jonathan Goldman ha iniziato a lavorare in LinkedIn, il sito di networking professionale, l’ambiente ricordava ancora da vicino quello di una start-up. L’azienda aveva poco meno di otto milioni di clienti registrati, il cui numero cresceva rapidamente attraverso il continuo coinvolgimento di amici e colleghi. Ma gli utenti non si connettevano con la frequenza che si aspettavano i responsabili del sito. Evidentemente mancava ancora qualcosa nell’esperienza sociale. Come ha detto un manager di LinkedIn, «Era come partecipare al ricevimento che si tiene dopo un convegno e scoprire che non si conosce nessuno. Perciò te ne stai in un angolo sorseggiando il tuo drink – e te ne vai via presto». Goldman, che aveva conseguito il PhD in fisica a Stanford, era intrigato dal numero dei contatti e dalla ricchezza dei profili. Tutto ciò generava dati caotici e un’analisi inefficiente, ma quando ha iniziato a studiare le...