Come definireste un contratto eccessivamente lungo e scritto fitto, infarcito di gergo legale e praticamente impossibile da capire tranne che agli avvocati? Lo status quo. La maggioranza dei contratti in uso sono lunghi, mal strutturati e scritti in un linguaggio inutilmente incomprensibile. Alla base di questa situazione ci sono motivi pratici? Affinché il contratto sia vincolante sono necessarie pagine e pagine di definizioni, termini come “ingiunzione”, “conduttore” e “forza maggiore”, o espressioni quali “in deroga a qualsivoglia disposizione contraria ivi contenuta”, “fatte salve le predette disposizioni” e “di qualsivoglia natura”? C’è qualche valore controintuitivo nell’uso delle formule di rito? Veramente un contratto per poter essere sottoscritto necessita di una sfilza di 15 sinonimi, di frasi scritte in lettere maiuscole, in corsivo, in grassetto che ricoprono intere pagine; di periodi complicati pieni di punti e virgole o di costruzioni grammaticali obsolete? A mio parere la risposta è chiaramente no. La firma...