LEADERSHIP
Maurizio Grassi
Novembre 2025
Yogi Purnama - Unsplash
Dalla retorica delle “rockstar” alla realtà dei sistemi
Per anni, nelle aziende abbiamo inseguito le “rockstar”: pochi talenti straordinari da attrarre con offerte speciali, convinti che potessero cambiare il destino di un’organizzazione. La “guerra per i talenti” prometteva una scorciatoia: trova i migliori, trattienili, mettili nelle condizioni di correre… e il successo arriverà.
L’esperienza racconta altro. Groysberg ha mostrato che le “stelle” di Wall Street peggiorano le performance quando cambiano azienda, a meno che non si spostino con il proprio team. Anche la performance di un chirurgo non cresce quando cambia ospedale: migliora soprattutto restando nello stesso, grazie a pratiche, intesa e contesto (Huckman-Pisano, 2006). Il talento non scompare: senza terreno fertile fatica a esprimersi.
Lo sport lo mostra bene: troppe prime donne possono indebolire il gioco. Nelle imprese accade lo stesso: senza struttura e cooperazione, le star generano fragilità, dipendenza da pochi e demotivazione dei molti.
C’è poi l’elemento imprevedibile: la fortuna. Studi diversi mostrano che il successo premia spesso chi incontra l’occasione giusta al momento giusto. Se il talento è distribuito normalmente, il successo segue invece una “coda lunga” lognormale: oltre al merito contano contesto e opportunità.
Morale: meno culto dell’eroe, più cura dei sistemi che permettono al talento di fiorire.
Due idee che ci hanno guidato (e perché ora non bastano più)
La psicologa Mary Murphy individua due modi di pensare il talento che hanno dominato negli ultimi anni.
La via d’uscita non è teorica, è organizzativa: ruoli chiari, criteri coerenti, reale possibilità di mobilità, investimenti nelle competenze e negli strumenti. È l’idea del talento come risultato di un sistema, già sostenuta da Henry Mintzberg: il talento non è solo una qualità individuale, ma il frutto di un contesto che lo fa emergere (Tabella 1).
Gallardo e colleghi (2013) aggiungono tre aspetti: il talento è insieme capacità, impegno e potenziale; si manifesta solo nel contesto e richiede una gestione dinamica, non statica. Come ricorda David Clutterbuck, “il talento è un risultato collettivo, non un possesso individuale. Vive tra le persone, non nelle persone”.
Il cambio di sguardo: dal singolo al sistema
Nel mondo attuale, imprevedibile e complesso, la “stella solitaria” vale sempre meno. Ciò che crea valore duraturo è la capacità dell’organizzazione di imparare, adattarsi e coordinarsi.
Le imprese che prosperano:
I risultati sono concreti: maggiore coerenza tra strategia e pratiche, più resilienza al cambiamento, più equità, maggiore capacità di crescere senza perdere efficacia. Nei modelli meno gerarchici la sicurezza psicologica diventa indispensabile: libertà senza fiducia genera paura o conflitti.
Quattro leve per creare sistemi che moltiplicano il talento
Storia di Loccioni: un’orchestra nata tra le colline
Per comprendere cosa significhi davvero “talento come sistema”, sono utili molte esperienze delle PMI Mittelstand tedesche e, in Italia, quella di Loccioni.
Siamo nelle campagne marchigiane, lontano dai poli industriali. Loccioni nasce negli anni Settanta come piccola officina familiare. Sarebbe stato impossibile competere ingaggiando fuoriclasse disposti a trasferirsi in un’area periferica. Così sceglie un’altra strada: non cercare talenti pronti… ma coltivarli.
Costruisce legami con scuole e università: studenti coinvolti in progetti reali, laboratori condivisi, tesi nate sul campo. I giovani entrano affiancati da esperti, imparano facendo e, a loro volta, trasmettono ciò che scoprono. Nei laboratori interni si incontrano tecnici, ricercatori, clienti e fornitori: un ambiente aperto in cui le competenze non si custodiscono gelosamente, ma si scambiano.
Poi nasce un’Accademia interna che raccoglie e diffonde ciò che funziona. Ogni soluzione utile diventa metodo; ogni metodo, patrimonio comune. Così Loccioni non solo cresce, ma fa crescere il territorio. È un’orchestra che si amplia mantenendo armonia: nuovi strumenti entrano senza stonare.
Risultato? In un luogo non “attraente” sulla carta, Loccioni riesce in ciò che molte grandi aziende faticano a ottenere: persone che desiderano restare, che imparano e innovano insieme. Non grazie a poche rockstar, ma perché il sistema permette a molti di brillare.
Gli ostacoli (e come superarli)
Un nuovo patto di leadership: la pace giusta
Guardare con una prospettiva sistemica non spegne le stelle: le mette in orchestra. I leader di oggi spostano il baricentro dall’“io” al “noi”: rimuovono ostacoli, creano connessioni tra persone e opportunità, valorizzano l’apprendimento, misurano la salute dell’insieme e non solo il risultato del singolo. È una leadership meno scenografica e più esigente, fatta di coerenza quotidiana.
Le “rockstar” continueranno a ispirarci, ed è bene così. Nel lungo periodo però vincono le orchestre: organizzazioni che fanno suonare bene ogni sezione, accolgono nuovi strumenti senza perdere il ritmo, trasformano l’ordinario in straordinario grazie all’accordo tra persone, pratiche e visione.
La sfida non è più la guerra per i talenti, ma la costruzione di sistemi che fanno fiorire le persone: meno brillante nei titoli, più impegnativa da realizzare, ma immensamente più solida.

Maurizio Grassi è Senior Consultant e Coach. Supporta il management nei programmi di cambiamento e di sviluppo organizzativo, cura il design di modelli e percorsi per lo sviluppo della leadership. Si occupa dei temi della sicurezza psicologica e del benessere organizzativo, ed è Fearless Organization Certified Practitioner (FCP). Ha maturato oltre 30 anni di esperienza nello sviluppo organizzativo e delle Risorse Umane in diversi settori, sia in progetti consulenziali sia ricoprendo ruoli manageriali. È Coach Professionista associato AICP e membro AIDP.
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