Sentiamo spesso raccontare di atti di coraggio sul lavoro: persone che combattono per un cambiamento positivo e finiscono per essere ostracizzate, se non per perdere il posto. Quello che ho potuto osservare nel corso della mia ricerca narra però una storia più sfumata. La maggior parte delle azioni coraggiose non sono opera di whistleblower o martiri aziendali. Bensì di rispettati membri dell’organizzazione a tutti i livelli che agiscono (che si tratti di promuovere una mossa strategica rischiosa, cambiare una politica iniqua, o denunciare un comportamento scarsamente etico) perché ritengono sia la cosa giusta da fare. La loro reputazione e il loro curriculum permettono loro di spingersi più in là di quanto potrebbe mai fare chi è al di fuori o ai margini dell’organizzazione. E se gestiscono bene il processo non necessariamente pagheranno cara la loro iniziativa; se riescono ad avviare un cambiamento in meglio, il loro status può addirittura uscirne...