DICEMBRE 2018
Novembre 2018
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In un’economia sempre più turbata e scardinata nelle sue fondamenta da tecnologie general purpose (intelligenza artificiale e deep learning, automazione robotica dei servizi, protocolli e reti decentralizzate come la blockchain per citarne alcune), il rischio maggiore deriva dall’ostinazione a impiegare universi semantici obsoleti e dall’incapacità di indossare occhiali con framework d’analisi nuovi. L’autore affronta, in particolare, la difficoltà di aziende e manager nell’esplorare e introiettare in profondità logiche service-dominant e modelli platform-oriented. Se immaginiamo che, in futuro, le organizzazioni saranno piattaforme ed ecosistemi di piattaforme aperti in cui le interazioni e gli scambi avverranno sempre più attraverso contratti intelligenti automatizzati (ad esempio, su tecnologie del tipo blockchain, anche tra sole macchine con dati e AI) si comprende come l’istituzione “impresa” e l’istituzione “mercato” - per come le abbiamo conosciute finora - siano destinate a mutare, anche profondamente, la loro natura, logica e dinamica. Ragionare di disruption digitale senza comprendere, in profondità, questa crisi dei fondamenti “istituzionali” della nostra economia è strategia miope. Avviarsi alla trasformazione digitale senza le lenti concettuali necessarie per cogliere questa metamorfosi “ontologica” è missione suicida.
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